01 – io credo – Il mio errore

La mia mano fuori dal finestrino gioca con il vento tra le dita. La Radio rimescola aria e musica in un turbine di colori e profumo d’estate. mi diverto ad associare le canzoni al paesaggio che mi sfreccia a fianco.  Ho la testa leggera.

Sono di ritorno da Torino, dall’ultimo di una serie di colloqui per una grande multinazionale farmaceutica.

Mi ero deciso…

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Si, vorrei!

Dopo tanti anni in un settore volevo cambiare. Un master a Milano, una certificazione internazionale.. un anno di sforzi per mettere in gioco tutto. Non è facile cambiare settore ma ce l’avevo fatta!

Le settimane passano e inizio a proiettarmi nella mia nuova vita. Dove avrei vissuto, l’affitto, la casa.

Il tempo di ricostruire tutto dopo 3 anni di Russia ed eccomi qui, di nuovo. La fidanzata. gli amici, la band, la breakdance, le crew, tutto ricostruito e tutto di nuovo da lasciare.

E così mi vedo. Da lontano, prendere tutte queste cose, farne un pacchetto e buttarlo via. Nel cassonetto dell’indifferenziata.

La ringrazio dottore, ma rinuncio e vado avanti!

Fino a che, lo ricordo bene, un lunedì sera, improvvisamente crolla tutto. Non troviamo un accordo economico e la cosa salta.

E mi vedo, Da lontano, di nuovo, tornare in quel cassonetto a riprendere il fagotto che avevo buttato. che non era più lo stesso. Conteneva cose che non mi interessavano più. Avevo scelto di buttarle e adesso mi sembrava tutto così superfluo. Stropicciato e inutile.

Mi ricordo in cucina a piangere come un bambino. Come avevo vissuto fino adesso se ero stato disposto in un attimo a mettere tutto da parte? Su cosa avevo basato la mia felicità? E per quale obiettivo avevo buttato tutto?

Gli Americani sono bravi a dare sigle. E nel Project Management un obiettivo si chiama SMART: Specific (specifico), Measurable (misurabile), Achievable (raggiungibile), Relevant (Rilevante), Time-based (che in italiano diventa una cosa orribile tipo “temporalizzabile” – ossia con un tempo definito).

Ecco, vediamo come secondo gli Americani uno dovrebbe ordinare al ristorante se avesse l’obiettivo smart di mangiare.

Si salve! Vorrei ordinare un primo, 120 grammi, che non contenga più di 65gr di grassi/porzione (sa, ho iniziato la palestra) che stia sotto i 10 euro. Me lo riesce a fare entro 12 minuti?

Non è esattamente quello che facciamo. E il motivo è semplice: se io sapessi tutte queste cose, saprei anche che voglio dei cavolo di spaghetti al pomodoro.

Ci stavo così male perchè non capivo. Perchè avevo riempito la mia vita di cose che non mi rendevano davvero felice. E come potevo fare per evitare di farlo di nuovo, se non sapevo quale era il mio obiettivo?Ero in un flipper in cui non vedevo neanche il punteggio.

è qui che arriva Scott Adams. Se non lo conosci, non preoccuparti, manco io sapevo chi fosse. è diventato famoso anche per aver creato il personaggio di Dilbert. Hai presente, quelle strisce comiche di quel nerd con gli occhiali.. Ti lascio un link nella descrizione di questa puntata.


Ah e a parte questo è anche un autore di best seller. e nel suo testo How to Fail at Almost Everything and Still Win Big , ho trovato l’ispirazione che cercavo.

(Parla di come ha aggiustato la miriade di errori che ha fatto e di come si sia trovato dov’è oggi.) A parte che è un libri divertentissimo – non per niente è un comico – ma mi sono portato a casa una cosa che uso SEMPRE.

Losers have goals, winners have systems

(cioè – i perdenti hanno obiettivi, i vincenti hanno un sistema)

Significa scegliere progetti o abitudini che, anche se si rivelano un fallimento, ti avranno dato un set di competenze o di relazioni. Cioè: scegliere opzioni che inevitabilmente ti faranno avere successo nel tempo, costruendo abilità che ti serviranno nei tuoi progetti futuri.

Un esempio è stato il suo blog. Quando ha iniziato, sua moglie gli chiede “Ehm Scott.. bella sta cosa, ma qual’è il tuo obiettivo?” Il blog sembrava duplicare il suo lavoro promettendo un tiepido 5% di incremento economico.

Ma Lui sapeva solo che il blog era un sistema. Il ragionamento era molto semplice.
Gli piaceva scrivere. Scrivere richiede pratica.


Fase 1: fare pratica costante.
Non sapeva esattamente per cosa, ma si muoveva in un sistema: ossia da un mondo in cui era quotato poco – essere uno scrittore fuori pratica – ad uno in cui era quotato di più (uno scrittore con pratica e maggiore visibilità.

Fase 2: ricerca e sviluppo
Scriveva su diversi temi e non sapeva bene in quale fosse più bravo. E allora perchè non farselo dire dai lettori? Quali erano gli articoli di maggiore successo?

Quando il wall street Journal lo chiama riguardo al blog, sapeva cosa scrivere e perchè. Il giornale attira editori. Ed ecco i libri.

Abraham Lincoln una volta disse “se avessi 6 ore per tagliare un albero, spenderei le prime 4 ad affilare l’ascia”.


Avevo capito. Mi serviva un sistema, non un obiettivo. Dovevo cambiare le mie domande, la mia prospettiva.

Quindi mi sono asciugato le lacrime e mi sono chiesto. “ok: ho buttato tante cose. Ma quali sono quelle che ho tenuto?

Di questo, te ne parlo la prossima settimana.

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Si, vorrei!
By | 2018-08-20T18:16:07+00:00 Mag, 2018|Categories: Podcast|Tags: , , , |0 Comments